10.10.06

VITA DA PENDOLARE

martedì 10 ottobre 2006 cronaca pag. 15
VITA DA PENDOLARE. Un Comitato di utenti registra e segnala ogni problema o disservizio sulla linea Brescia-Bergamo-Milano
«Mille scuse, mai una soluzione»
L’ironia unica difesa: «Si va con la Perla Nera e si torna col Cenerentolo della sera»

di Nino Dolfo
L'immagine del pensionato che va alla stazione e sogna vedendo passare i treni appartiene all'album romantico dei ricordi trash di Nonna Speranza. Oggi le stazioni ferroviarie sono quei non-luoghi in cui, sotto le pensiline, si aggira una folla ingrugnita dalle attese e sgomenta di fronte a un peggio sempre possibile. Il pendolare, poi, è quella specie umana sofferente, che invece di essere vaccinata contro le disavventure e le odissee del suo destino, continua ad accumulare frustrazione e rabbia di fronte ai ritardi e alla sporcizia delle vetture.Il pendolare è incattivito e ha ragione da vendere, perché lavora e non si può concedere il lusso di giocare a calcinculo con il tempo: deve essere puntuale, magari deve timbrare il cartellino, senza contare che ha il sacrosanto diritto di ricevere un servizio che ha pagato anche profumatamente, perché la favola bella della convenienza, dei treni a buon mercato, è stata ridimensionata. La stessa letteratura che ammantava la strada ferrata con quei nomi poetici ed evocativi (dalla Freccia delle Dolomiti a il Trans Europe Express...) ha subìto un collasso provocato dall'impatto con la prosa della realtà. Alcuni treni sul percorso Brecia-Milano e viceversa sono stati ribattezzati dagli utenti con appellativi che sono tutto un programma: c'è la «Perla Nera» del mattino, ricettacolo di ogni sudiciume, c'è il «Cenerentolo della sera», anche quello allergico all'igiene e più lento di un tram.Un quadro apocalittico ed eccessivo? Mica tanto, «bisogna provare», come dice lo slogan di uno spot.Le cronache sui giornali, anche recentemente, hanno riportato fatti incresciosi: zecche e pulci saltellanti sui sedili, formiche, viaggiatori punzecchiati da parassiti, cartocci e lattine abbandonate, carrozze che si presentano con un disordine post-partum di una volta, quando si nasceva in casa e non all'ospedale, toilette indecenti come fosse biologiche en plein air, passeggeri esasperati che occupano i binari per protesta. Non stiamo parlando dell'ultimo tratto sulla Milano-Canicattì, dove, al termine di una traversata da endurance o da wild sud, i rifiuti fermentati delle cibarie si impastano con i sudori vissuti della notte formando afrori da tane animali. Ci riferiamo alla rotta Milano-Venezia, una delle più battute e frequentate dai pendolari e non solo. La fatidica «direttrice 17».Che fare di fronte ad una rete ferroviaria nazionale che detiene la maglia nera dei trasporti? Gli utenti hanno deciso di passare al contrattacco, di riunirsi in comitati.L'Italia pullula di comitati, il che è nello spirito della democrazia, ma non è necessariamente un buon segno, come ha rilevato Beppe Grillo, perchè vuol dire che politica ed istituzioni sono insufficienti.Paolo Rivi, 42 anni, perito grafico in una casa editrice meneghina, prende il treno ogni mattina da Brescia: il 2088, l'interregionale che parte da Verona e ferma a Voghera.Nella nostra città il treno dovrebbe transitare alle ore 7.28 e qui il condizionale va usato di rigore, perché il nostro è il Paese dei Periodi Ipotetici.Paolo Rivi (insieme a Luigi Barbieri, Silvia Gozzi e Paolo Ferrari) è uno dei membri attivi dell'Associazione Pendolari in Orario sezione di Brescia. «Il nostro gruppo si è costituito nel 1998 - rivela -. Raccogliamo le lamentele delll'utenza, ma anche i desiderata, le richieste e le necessità. Non siamo ammanicati con la politica, pretendiamo solo servizi che funzionino. Sei anni fa avevamo concesso una forte apertura di credito al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, il quale, a fronte degli aumenti tariffari, promise sensibili miglioramenti. In realtà, poco è stato fatto per quanto riguarda il potenziamento del servizio e il rinnovo del materiale rotabile. Ora ci vengono a dire che per il futuro dobbiamo aspettarci ancora lacrime e sangue. Nel frattempo vediamo sì treni nuovi che ci passano davanti, ma sono quelli che vengono dal Veneto.«Quanto alla pulizia - sottolinea Rivi - è certamente una nota dolente. D'altronde quando si fanno le gare di appalto con le ditte di pulizie e si ingaggiano quelle che hanno i prezzi più bassi, c'è poco da pretendere. Personalmente non sono schizzinoso, cerco di adattarmi al sacchetto di patatine per terra o alle cartacce, ma non sopporto che d'inverno molte vetture non siano riscaldate e che d'estate si viaggi con un caldo bollente. Spesso gli impianti di climatizzazione sono fuori uso. Ho visto anziani collassati, le nostre ferrovie sono da terzo mondo. Siamo stanchi di promesse come sempre faraoniche e a lungo termine, chiediamo solo cose concrete e vicine».Adele Ghilardi, anima e cuore del Comitato pendolari Romano-Rovato-Chiari, è una giovane programmatrice di computer, che risiede a Romano e lavora da dieci anni a Milano. Ogni giorno, lascia a casa l'auto, evitando così le code automobilistiche, e prende il treno, sottoponendosi allo stress del pendolarismo lungo le strade ferrate italiane, il che comporta disagi, imprevisti, disservizi, stazioni fatiscenti e pericolose, viaggi che durano troppo in proporzione al chilometraggio percorso.Di fronte a ripetuti calvari giornalieri, è nata l'idea di costituire in comitato, che è una specie di osservatorio, ma anche di nucleo di consumatori-resistenti che vogliono acquisire visibilità e potere contrattuale.«Ogni giorno - dice Adele Ghilardi con piglio da pasionaria - registro ritardi, materiali inadeguati, convogli che vengono con carrozze in meno, manutenzione scadente (finestrini rotti, porte che non si aprono), soppressioni di treni e informo Regione, Trenitalia e organi di informazione. So che un treno dovrebbe arrivare con tante carrozze? Bene, io le conto, chiedo ragguagli al controllore e scrivo messaggi, mail, chiedendo perché. Tutto documentato, anche la matricola delle carrozze, nel caso non siano in ordine». Un lavoro paziente, da certosina, quello di Adele, che nella stanza dei bottoni deve essere considerata una specie di tarlo roditore fastidioso che procede, lei sì, come un treno.I rappresentati dei comitati partecipano alle riunioni con l'assessore alla moblità della Regione, Raffaele Cattaneo, e con i dirigenti di Trenitalia. I risultati? Spesso sono interlocutori. «Ma noi non demordiamo - assicura Adele -. C'è un ufficio di servizio con il cliente che risponde alle nostre segnalazioni, magari dopo qualche giorno. Per giustificare un ritardo, ci dicono che la motrice era guasta, che c'è stato un incidente. Spiegazioni, mai la risoluzione del problema. Se si rompe la motrice, vuol dire che la motrice è vecchia, non le pare? Ci avevano promesso motrici nuove: chissà se ci sono o sono state invece dislocate altrove».Il vero problema è che la direttrice è obsoleta e ha una portata insoddisfacente. «Da Brescia - continua Adele - si richiede un treno in più alle 7 del mattino, che possa arrivare a Milano prima delle 8. Non lo mettono, perché non sta nella linea. La linea è fatta di due binari e da Treviglio in poi confluiscono i treni da Bergamo e Cremona. Dal prossimo anno dovrebbero concludere i lavori sulla direttrice per avere il benedetto ampliamento della Milano - Treviglio. Trenitalia si è data questo termine, però la Regione si è concessa un altro anno di tempo per ridefinire gli orari. Ancora dunque un anno di attesa sulla nostra pelle. Nel frattempo ci sfogheremo con i Berretti Gialli».I Berretti Gialli dovrebbero essere i tutor, gli asssistenti dei passeggeri, incaricati di «compiere ogni sforzo possibile per risolvere anticipatamente i disagi del sistema» e di «prestare continua attenzione alle esigenze dei viaggiatori». Dovrebbero verificare l' efficienza degli impianti - porte, climatizzazione, illuminazione e pulizia delle toilette - e il funzionamento, nelle stazioni, di biglietterie, self service, monitor. E ancora ascoltare i clienti, raccogliere osservazioni, reclami, fornire notizie e mantenere i contatti con il personale di scorta al treno, nelle stazioni, nelle sale operative, negli impianti di manutenzione, di luce e di riscaldamento. In realtà rischiano di diventare parafulmini. Negli slogan dell'azienda, l'assistente viene definito così: «Nè buon samaritano nè burocrate, ma assistente della clientela e rappresentante di Trenitalia». Forse era meglio dire parafulmine.Il peggio del peggio? «Una volta - racconta Adele Ghilardi - ho trovato nello scompartimento un calzino sporco e bucato sul sedile. Molto probabilmente apparteneva a un barbone che l'ha dimenticato nella fretta di rivestirsi. Forse è una leggenda metropolitana, ma si dice che quando le vetture vanno in deposito, vengano usate come giaciglio per la notte».Sembra di essere tornati all'epica degli hobos americani della Grande Depressione. Prospettive? «Nessuno rimpiange il Duce, quando i treni arrivavano in orario - precisa Paolo Rivi -, ma stiamo cercando di coordinare tutti i comitati delle direttrici lombarde, in modo da rendere più pressante e compatta la nostra protesta». Le leggi ci sono, manca solo qualcuno che le faccia rispettare.Se un'azienda vende un servizio e promette cose che non è in grado di fornire, non è forse una truffa? Se i treni non rispettano le norme di igiene e la sicurezza, non vanno forse fermati e denunciati i responsabili? Lo scorso anno, Trenitalia, dopo lo scandalo cimici e zecche, aveva lanciato l'operazione restyling su 1.700 carrozze con un impegno finanziario di 630 milioni di euro. Che cosa è stato o non è stato fatto? In Lombardia si fermano per guasti 5 locomotori ogni giorno, il materiale rotabile è obsoleto, il 50 per cento dei locomotori ha più di 45 anni e il recente annuncio dell'acquisto di 37 locomotori e 27 nuove carrozze, che verrà diluito in tre anni, è un palliativo rispetto alle esigenze di potenziamento. Ogni giorno continuano a levarsi le proteste di migliaia di passeggeri che segnalano disagi, ritardi e incuria.Per risolvere il problema della mobilità in Lombardia, sarebbe necessario un piano pluriennale di interventi strutturali, che preveda treni nuovi e carrozze adeguate e una migliore gestione delle reti e degli orari. Il rimpallo delle responsabilità è uno sport nazionale e di certo non serve a garantire una più efficace governance delle infrastrutture lombarde. Qualcuno, per disperazione, ha fatto una battuta: un'alternativa, disastrosa, ai 1.200 treni locali che ogni giorno attraversano la Lombardia ci sarebbe, anzi c'è. L'automobile. Per carità è solo una battuta, ma in queste condizioni di precariato del trasporto pubblico, quando dall'alto si sente predicare la mobilità e la flessibilità, ai pendolari cascano le braccia. E questa è soltanto un'espressione eufemistica, perché, per capire, «bisogna provare».

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