10.10.06

VITA DA PENDOLARE.

VITA DA PENDOLARE.
Sveglia all’alba, sgomitate per salire, convogli insufficienti: abbiamo provato il viaggio «in diretta»
Brescia-Milano, incubo quotidiano

Il treno delle 7.28 è puntuale, ma super-affollato e sporco. L’intercity «esaurito»
di Mimmo Varone
Si sono alzati alle 6.30, qualcuno anche prima. Come tutte le mattine sono pronti all’assalto dell’interregionale 2088 delle 7.28. Quello e non altri, perché dicono che sia l’unico a viaggiare in orario.Il marciapiede del binario 2 della stazione di Brescia è stracolmo. E’ lunedì mattina, ed è giorno di ressa grande, più che nel resto della settimana. Gli occhi assonnati si fanno vigili e attenti, quando si annuncia l’arrivo del treno da Verona. E’ in orario, come capita da un mese a questa parte.Scatta subito la corsa al posto. Il popolo dei pendolari ondeggia, tutti cercano di trovarsi davanti a una porta, quando il convoglio si fermerà. Sanno che l’unica speranza di viaggiare seduti è salire a bordo per primi. Non c’è galanteria. Chi prima arriva si sistema, le signore e gli anziani si arrangino. E’ la lotta per la sopravvivenza. I tempi moderni dovrebbero affrancare l’uomo dalle necessità quasi primarie, come il viaggiare seduti dopo una levataccia e con la prospettiva di una giornata di lavoro. Invece sembra spingere indietro ai primordi.Si gioca di furbizia. Non è bella la vita , se per andare al lavoro si fatica quanto o più che al lavoro. A condividere le peripezie del viaggio verso Milano, per una volta c’è anche il cronista. Ma farlo tutte le sante mattine è altra cosa. Quelli di Trenitalia «si sono fatti furbi - è il leit motiv che ci accompagna verso Milano -: fanno viaggiare in orario il treno che prendono i più». E anche loro, i pendolari, rispondono con la furbizia di cui sono capaci. Mobilitano i colleghi di Desenzano, che mettono la borsa sul sedile quel tanto che basta per tenerlo occupato fino alla ressa di Brescia. Qualcuno si è persino munito di seggiolino pieghevole.Per non farsi il cattivo sangue cercano di prenderla con filosofia. Finchè si può. Alzarsi prima non è sufficiente, ma è necessario. Alle 7.37 c’è un altro convoglio che va verso la capitale meneghina, però fa quattro fermate e questo una sola. L’altro quando arriva a Treviglio pare che debba dar la precedenza a tutti e arrivare in orario diventa una scommessa. Ieri mattina, poi, prendere l’intercity delle 8.05 (a prenotazione obbligatoria) era proprio impossibile. Da domenica sera era già tutto pieno.Dunque, si sale sul 2088, stipati come sardine. Renato Gozio è un libero professionista di mezz’età. Appena sale saluta gli amici che gli hanno tenuto il posto e si siede. «Ci siamo messi d’accordo - rivela -: il primo che sale occupa anche per gli altri».Gozio è il primo a dire che quel treno inizia a viaggiare in orario. «Qualche volta è pure abbastanza pulito - aggiunge - ma dipende dai giorni, a volte fa proprio schifo». Magari quelli che scendono a Brescia «hanno appena fatto colazione - osserva - e lasciano i rifiuti dappertutto». Il peggio, tuttavia, arriverà con l’inverno «quando il climatizzatore è sempre a manetta, o sul caldo che sudi o sul freddo che geli - dice Gozio -: su questo treno sembra che non esistano mezze misure». E in ogni caso, non ci sono alternative: «L’intercity delle 8.05 è sempre pieno, e non arriva mai in orario».Da tre anni è così, per lui. E il ritorno non è più facile, con il treno delle 18.05 che «potrebbe impiegare 45 minuti e invece ci mette sempre più di un’ ora». Perdere un quarto d’ora, ad ogni modo, è ancora un lusso, perchè a volte ci sono guasti alla linea, verso Treviglio, e allora i ritardi arrivano anche a un’ora e mezza. «E’ accaduto di frequente, nei mesi scorsi - ricorda il pendolare -: in tal caso noi liberi professionisti perdiamo la mattinata, mente chi timbra il cartellino deve addirittura prendere un giorno di ferie».Sono parole che si ripetono, tra una carrozza e l’altra, tra i viaggiatori in piedi, stipati nei corridoi. Anche Giovanni Massoli si è guadagnato un posto a sedere, ma «ogni mattina è una lotta», rivela. Spesso deve essere a Milano sul presto, ha provato a prendere il treno delle 6.23, ma «ci mette un’ora e 20 minuti - dice - e allora mi alzo un’ora dopo e prendo questo che mi fa guadagnare mezz’ora». E’ un conto che fanno in tanti, però, e richiede di ingaggiare la lotta per il posto. «Dopo un po’ ci fai il callo e ci ridi sopra - riflette lui -, tanto l’interlocutore Trenitalia non è ricettivo, è inutile protestare». E però riesce a riderci di meno alla sera, «quando i ritardi sono più frequenti e ti fanno arrabbiare, dopo una giornata di lavoro».Il giovane Alberto Solazzi è alla prima mattina di lavoro all’università, ma non è nuovo dei treni. Anche l’anno scorso ha fatto un anno su e giù verso Milano, e non ricomincia bene. «Ho trovato un posto a fatica, quasi a gomitate - dice -, e penso all’inverno, quando a volte fa più freddo dentro che fuori».Chi non è riuscito a sedersi è Antonio Balistreri:se ne sta in piedi nel corridoio di seconda classe con il giornale tra le mani, nonostante abbia l’abbonamento in prima. «Lì è ancora più affollato, non capisco perché non mettano un treno apposta per noi da Brescia, visto che il 70 per cento dei viaggiatori sale proprio qui - protesta -: da due anni lo promettono ma non lo fanno mai». E allora si adatta alla ressa del 2088, che «su tutta la linea resta il più affidabile perché nasce a Verona, mentre intercity ed eurostar arrivano da più lontano e sono sempre in ritardo». E siccome la puntualità è prioritaria, si chiude un occhio sulla sporcizia. Basta non sedersi. «Dovrebbe vedere cosa c’è sui sedili - suggerisce Balistreri - e se appoggi una borsa da qualche parte la ritrovi bianca di polvere». Lui lo conosce bene, quel treno, e sa pure che «più avanti ci sono carrozze con i vetri rotti, anche in prima classe e da tempo, non si decidono mai a cambiarli». Ma almeno ha iniziato a essere puntuale, e ci si adatta.Anche Andrea Ceretti è in piedi, ed è alla prima volta sul 2088. «Di solito prendo quello delle 6.58 - spiega -: è più libero ma ci mette un’ora e mezza e arriva insieme a questo». E’ giovane, fa il primo anno di università, e dovrà scegliere tra la ressa e una mezz’ora di sonno in più, «senza badare molto alla pulizia, che è un po’ più accettabile solo sugli intercity». Sono grosso modo le stesse parole di Luca Tognoli, anche lui studente, ma con la fortuna di vivere a Desenzano, che gli fa trovare posti liberi a iosa quando sale sul treno. Tuttavia, a vedere tutta quella gente in piedi, «un paio di carrozze in più potrebbero anche metterle», sottolinea.Così va al lavoro, o a studiare, il popolo dei pendolari. Quando va bene, appollaiato su uno strapuntino come Barbara Gallina, quasi felice al pensiero che «da un mese a questa parte ‘sto treno non fa più ritardo». Non vuole dirlo forte, pensando ai periodi in cui è stata per ore ferma sui binari. «Ci vorrebbe una via di mezzo», riflette. E lascia intendere di essere disposta a rinunciare alla puntualità pur di non incappare in ritardi di ore. Ma non si può avere tutto.

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